Ad ogni proposta di novità, ad Orvieto si alzano puntualmente cori di dissenso. È quasi una
reazione automatica: tutto ciò che non rientra nella comfort zone di una certa visione “pura” e
immutabile della città viene subito bollato come minaccia, degrado o, peggio ancora,
“americanata”. Eppure, l’eventuale apertura di un McDonald’s nella zona del centro commerciale
Porta di Orvieto non è la fine del mondo. Anzi, potrebbe rappresentare un’opportunità concreta per
il territorio, soprattutto per i giovani. Parliamo di decine di posti di lavoro, spesso part-time o
flessibili, ideali per studenti e ragazzi in cerca di una prima occupazione. Posti che, tra l’altro,
garantiscono diritti, tutele e formazione — non esattamente un dettaglio, di questi tempi.
Ma non si tratta solo di occupazione. Un McDonald’s in una zona commerciale strategica come
Porta di Orvieto potrebbe contribuire in modo significativo al rilancio dell’intera area. Oggi quella
zona soffre una lenta ma costante perdita di attrattività: pochi negozi, poca affluenza, poca vita.
Un’insegna di richiamo nazionale può generare indotto, attirare nuove attività, stimolare flussi di
visitatori anche da fuori comune e riportare centralità a un punto d’accesso fondamentale per la
città. E no, non si tratta di sostituire la cucina orvietana con i panini. La straordinaria offerta
gastronomica del nostro territorio non corre alcun pericolo. Chi cerca qualità, tradizione e
convivialità continuerà a trovare ristoranti, trattorie e osterie eccellenti. McDonald’s è un’altra cosa:
un’opzione in più, rivolta soprattutto a chi ha poco tempo, lavora in orari non convenzionali, oppure
semplicemente ha voglia di un pasto veloce a un prezzo accessibile.
Chi teme la “fine dei valori” o l’invasione del junk food dimentica che i giovani orvietani oggi
devono andare a Viterbo o a Orte per una cena dopo le 22. E che molte città d’arte, anche più
prestigiose e tutelate della nostra, convivono benissimo con realtà simili, senza per questo perdere
anima e identità.
Più che respingere a priori ogni novità, forse sarebbe il caso di chiederci come integrare le
opportunità nel tessuto locale, in modo intelligente. Perché se continuiamo a dire “no” per principio,
rischiamo di restare fermi, mentre tutto intorno si muove.
