di Luca Proietti Scorsoni (neo orvietano per scelta)
Aveva ben donde quel poeta maledetto nel sostenere che, alla fine di tutto, quel che rimane
è solo l’essenziale. È’ un principio cardine che vale per le singole esistenze umane, ma in
fondo è una valutazione che può essere applicata anche ad una città, ad una comunità, alla
realtà ontologica che penetra il nostro quotidiano. Non voglio tirarla troppo per le lunghe e
quindi arrivo al punto.
Parlo di Orvieto, insomma. Qui l’essenziale si incardina in una scelta che i cittadini di questo angolo di eterna bellezza dovranno prendere a breve. La scelta della “strada giusta” lungo la quale accingersi per proseguire un cammino che tante soddisfazioni ha portato fin qui. Corroborare di idee e progetti il futuro della Rupe oppure ripiegare su un “modus operandi” reazionario rivolto verso il passato remoto. Fare di Orvieto e di ogni singolo orvietano il fine ultimo oltre che la misura di tutte le cose, oppure rendere questo posto un canovaccio narrativo di altri racconti che poco hanno a che fare con il bene del
luogo.

Lungi da me porre tale contesa elettorale su un piano manicheo, tuttavia è evidente
che in ballo ci sia tanto, se non tutto, inutile negarlo. D’altronde la chiave di lettura del
prossimo ballottaggio è data da una grammatica politica e sociale, economica e culturale
che si pone su un piano dicotomico. Per parlare in maniera più prosaica e meno poetica,
votare o meno per Roberta Tardani comporta muoversi lungo un crinale che separa l’ascesa
di Orvieto dal suo declino, la continuità amministrativa dal salto nel buio gestionale, la
governabilità dalle vecchie e ormai anacronistiche dinamiche di potere locale, la capacità di
costruire una coalizione coesa e compatta nella sua pluralità da chi non distingue una mera
somma algebrica rispetto ad un progetto politico unitario e plasmato mediante un collante
programmatico (per meglio dire: il 55% che non ha votato la Tardani al primo turno non è
una maggioranza né un’alternativa di governo, bensì tante piccole minoranze incompatibili
tra loro).
E ancora: il 23 e il 24 giugno si ha la possibilità di porre le basi per un progetto di
ampio respiro, ovvero rendere Orvieto una città globale dove il cristianesimo, il rinascimento
e le antiche tradizioni agro-alimentari, tramandate per generazioni, presentano un potenziale
attrattivo che deve essere solamente detonato per innescare una forza centripeta con pochi
eguali al mondo. Non è vero che tutto è uguale. Orvieto non è uguale. Orvieto è unica. E chi
non lo riconosce mente sapendo di mentire. Amministrare questo territorio senza la piena
contezza della sua originalità rischia di generare politiche e strategie che, alla lunga,
possono rivelarsi esiziali.
Orvieto merita di essere guidata con la lungimiranza e il buon
senso, la visione e il pragmatismo. Il modello, se mi è permesso, al quale la Tardani si è
sempre ispirata nel guidare Orvieto è raffigurato nel celebre affresco senese del Lorenzetti,
dove le allegorie sono strumentali per illustrare gli effetti medicamentosi del buon governo.
Una lezione politica che presenta quasi 700 anni sebbene sia attualissima. E quindi, in
conclusione, richiamando una recente suggestione cinematografica, credo sia giunto il
momento di stringere le vostre schede come biglietti d’amore per la città.
Fatelo per Orvieto, fatelo per voi.
Fallo per Te.
Te lo devi.
Luca Proietti Scorsoni (neo orvietano per scelta)