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Giorgio Santelli, da giornalista a paziente: «Se l’ospedale di Orvieto funziona è solo grazie a chi ci lavora»

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Nessuno può raccontare il malessere che affligge il “Santa Maria della Stella” di Orvieto meglio forse di chi, suo malgrado, c’è finito ospite, non invitato, per un paio di giorni di degenza. La storia è quella di Giorgio Santelli, 55 anni, giornalista orvietano, inviato, cronista politico parlamentare Rai. Santelli nei primi giorni di gennaio ha dovuto fare i conti con un malessere cardiaco che lo ha portato prima al Pronto Soccorso e poi nel reparto di Cardiologia dell’ospedale di Orvieto. Ora è a casa, in convalescenza, ha superato il problema ma dovrà seguire uno scrupoloso follow-up, una serie di controlli e esami per tornare a stare tranquillo.

«E’ stato un segnale per dirmi ‘calmati’ – scherza – e anche nel giorno del mio compleanno!». Da paziente, ha potuto toccare con mano la situazione dell’ospedale: «Non si può dire che l’ospedale di Orvieto vada bene, l’ospedale va male. Tutto però va tuttavia avanti grazie ai medici, ai sanitari, agli infermieri, agli oss, insomma alle persone che giorno dopo giorno ci lavorano e fanno del loro meglio per dare il meglio con quello che hanno a disposizione. Si spezzano in quattro per dare le risposte.»

Santelli è arrivato in Pronto Soccorso, ha avuto una diagnosi in tempi brevi, è stato trattato per il problema cardiaco manifestato ed è stato ricoverato in Cardiologia perché c’era posto e perché quel tipo di situazione, generalmente, viene gestita a Orvieto senza bisogno di trasferimenti verso altre strutture ospedaliere della regione «se non ci fosse stato posto – dice – probabilmente sarei stato trasferito in un’altra struttura sanitaria, magari a Terni».

«In questi giorni che ho trascorso nel reparto di Cardiologia – racconta – un po’ per deformazione professionale forse, ho fatto domande, ho osservato cosa accadeva intorno a me: ho visto persone trattare tutti allo stesso modo, con grande umanità, con professionalità e dedizione, e non ho sentito alcuna lamentela da parte dei pazienti. Ho visto un medico arrivare alle 7, gestire il reparto, occuparsi dei pazienti, delle visite, della burocrazia, passare più volte da noi anche solo per un semplice ‘allora come va?’, uscire alle 20 e dire ai colleghi ‘se ci fosse bisogno chiamatemi’. Ho visto una attenzione al paziente, tutti i pazienti, massima. Ma i problemi restano, si vedono, si percepiscono anche meglio stando ricoverati, e quello che si sente più di tutti è la mancanza di medici e infermieri».

E quando si esce dall’ospedale e si torna a casa che succede? «Succede che devi fare tanti controlli e esami e non è per niente facile – spiega Santelli – o aspetti o paghi, ma non sempre puoi aspettare, e non sempre ce la fai a pagare. In tre giorni comunque mi hanno rimandato a casa, avendo osservato tutto quello che c’era da dover osservare. Non ho alcun dubbio – dice ancora – se la sanità del territorio e quella ospedaliera ancora resistono, resistono essenzialmente grazie ai medici, a tutti i sanitari che ci lavorano. Se qualcosa ancora c’è, il merito è solo loro che ci mettono si la professionalità, ma soprattutto ci mettono il cuore, e tutto il resto».

E sulla emodinamica di cui ultimamente tanto si discute, Santelli dice: «Mi risulta davvero incomprensibile che se la Regione dice ‘si fa l’emodinamica a Orvieto’ ci sia poi chi, sul territorio, formalmente dice che ‘non serve’».

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