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PCI: “Entriamo più a fondo, tra le pieghe della Sanità Umbra che va a fondo”

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Riceviamo e pubblichiamo da Segreteria PCI Orvieto

“L’interesse, o la curiosità per il nostro precedente comunicato, ma soprattutto a beneficio di coloro che come noi rimangono totalmente contrari, ci inducono ad alcune integrazioni di carattere specifico sulle valutazioni già espresse sul Piano Sanitario adottato dalla Regione.

La sua lettura integrale, meglio rivela tra gli intenti di sanare, migliorare ed ottimizzare, il vero scopo da perseguire, il pieno accentramento, da poter così gestire un ingente volume di risorse da un unico tavolo, favorendo indisturbati l’apertura alla sanità privata.

Capitolo dopo capitolo, emergono tutte le vere intenzioni:

  • già nella analisi dello stato attuale, prima ancora della salute della popolazione, si pone come discriminante di qualunque azione il riferimento al quadro economico.
  • La centralizzazione dei processi chiave, viene assunta a sanatoria delle fragilità del sistema; ammesso che per talune filiere sia utile, la sua efficacia è stravolta e vanificata da una analisi delle strategie, palesemente finalizzate ad altro.
  • Concetti del tipo: collaborazione tra ospedali e territorio, integrazione tra sanità ed enti del territorio, semplificazione del rapporto, assicurazione di universalità ed equità del servizio, medesimo diritto di accesso, attenzione alle risorse interne per la loro crescita e sanità a misura del cittadino, riempiono il cuore di gioia e tranquillizzerebbero, se il paragrafo non terminasse con la dicitura seguente : ..”pervenire al miglior rapporto costi-benefici e non aumentare la quantità o i punti di erogazione dei servizi..”

Non è dato conoscere l’analitica destinazione di circa 3,1 miliardi di euro del PNRR, spalmati su 45 progetti. È lecito porsi almeno le domande base: quali, per che cosa, in che tempi, dove, e la più importante: con chi, e sulla scorta di quali valutazioni condivise sono stati scelti? Ed infine: quanto sono coerenti ed incideranno sulla omogeneizzazione, sulla equità, sul miglioramento del Servizio e sul diritto di accesso uguale per tutti?

La grande magia però, questo Piano, la compie nella sua architettura gestionale con una inaspettata inversione di ruoli: la Regione, espressione democratica dei cittadini, garante e responsabile del Servizio Sanitario ed ASL, erogatore del medesimo, a loro supporto e tutela, tirano fuori dal cilindro tre nuove strutture Cabina di Regia – C. RE.VA. – BOARD. Viva la semplificazione! Ma poi, chi tutela noi?

Lasciamo alla curiosità, si fa per dire, di chi vuole, il piacere di proseguire a spulciare riga per riga il documento, noi ci limitiamo a mettere in risalto alcuni ulteriori passaggi, particolarmente degni di riflessione:

  • al capitolo 3.2.1 si legge: La rete di assistenza territoriale del SSR umbro.” è caratterizzata da una forte disomogeneità nelle modalità di erogazione delle prestazioni, conseguenza di un’eccessiva frammentazione delle articolazioni territoriali distrettuali” … ammesso che sia questa la motivazione, e non la diversa capacità di incidere sulle decisioni da parte dei vari territori o poteri, dov’era la dirigenza della ASL e dov’era la classe politica regionale mentre inefficienza, incapacità e disomogeneità crescevano e l’equità spariva? Magari quei personaggi li abbiamo anche premiati o promossi!

Nello stesso capitolo, potrete trovare il ruolo del Distretto Socio Sanitario, secondo la legge regionale. Vogliamo evidenziare un passaggio: “. svolgimento delle attività finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, alle cure e alla riabilitazione, tramite la gestione integrata delle risorse della azienda sanitaria locale…” È chiaro nella legge quello che il Distretto deve fare, per l’esclusivo contributo di conoscenza e dinamica dei propri dati di stato e delle proprie criticità. Questo se l’obiettivo fosse davvero il migliore e più equo Servizio Sanitario. Se si cambia obiettivo, quel Distretto, non più semplice struttura ASL, bensì insieme organizzato di soggetti aventi causa sul territorio, messo in grado e determinato a pretendere le risorse commisurate al certificabile fabbisogno sanitario evolutivo, diventa non più un valore aggiunto, bensì un ostacolo alla illimitata autonomia decisionale che la struttura centrale si è accaparrata, che gestisce liberamente e che assolutamente non vuole condividere.

Il deterrente naturale ed indolore alla possibile presa di posizione dei territori, è stato scientemente adottato nella loro nuova suddivisione per comporre i Distretti. Prendiamo a riferimento il nostro: quale miglior deterrente all’aggregazione è aver ritenuto un’unica area omogenea, il bacino della conca ternana con il comprensorio orvietano. Dei circa 224000 abitanti, più della metà sono concentrati su una superficie che non eccede il 20% del totale e per giunta all’interno o adiacente alla città di Terni. Sfidiamo chiunque a dimostrare il medesimo diritto di accesso alle prestazioni, l’equità del trattamento comprendendovi la totalità delle prestazioni, la logistica, la viabilità ed i mezzi pubblici di trasporto (altro servizio regionale). Per noi Comunisti, la nuova struttura territoriale è l’ennesimo compromesso tra diversi e potenti poteri politici ed economici, nelle cui mani rimane qualunque decisione.

Il Piano ci dà conferma, come si può leggere al capitolo 3.2.4 del quale riportiamo un passaggio significativo: “…l’equità nell’azione: la riduzione delle principali disuguaglianze sociali e geografiche che si osservano nel Paese rappresenta una priorità trasversale a tutti gli obiettivi del Piano…”. “La cura” è una assurda definizione dei Distretti e se non bastasse, per eliminare disparità e cattivi comportamenti pregressi, un Coordinatore dei Distretti. Quale potere esecutivo e quale struttura si pensa di dare ad un Soggetto, all’interno di una organizzazione piramidale, tale da consentirgli di spostare risorse, tolte a qualcuno e date ad un altro, ovvero di dirottare flussi di richieste o di prestazioni. Se non fosse questo il mandato, allora il tutto si riduce ad un altro Dirigente, tra quelli a capo dei Distretti e quelli delle strutture direzionali sovrastanti. Si delinea bene il problema di fondo che ha così ridotto il Servizio Sanitario, questo si poteva eliminare con un Coordinatore. Bastava pensarci prima.

Prendendo per efficaci, salvo ricrederci, digitalizzazione ed informatizzazione, un solo accenno alle altre due leve pensate per dare un impulso positivo e che francamente, scuserete il pessimismo cronico, sposteranno di poco lo stato attuale:

  • Casa di Comunità: struttura territoriale per prestazioni e cure correlate a patologie cosiddette minori, o croniche che abbisognano di ricovero, da utilizzare in luogo dell’ospedale. Oltre alle tre esistenti, (tutte peraltro entro un raggio di 30 km da Perugia), quante, quali e dove si faranno? Come recita il Piano: “…si prevede, attraverso l’impiego dei fondi derivanti dal Recovery Fund, la costituzione di ulteriori strutture da distribuire nel territorio regionale.”
  • Ospedale di Comunità: struttura territoriale per svolgere attività intermedia tra domicilio e ospedale, utile ad evitare ricoveri impropri. Il Piano ne prevede ben 5 entro il 2026, non ancora definiti, con capienza dichiarata di circa 15 – 20 posti letto cadauno.

Chiudiamo con una raccomandazione: prestate molta attenzione a questo Piano Sanitario, e soprattutto per quello che molto ermeticamente vuole sottintendere nel capitolo 3.4.2 titolato come Accreditamento Sociale e Socio Sanitario. La nostra visione di Sanità Pubblica, forse vetusta, ci fa molto preoccupare quando leggiamo, alla fine di un testo di ben 84 pagine, un breve trafiletto nel quale si dice: “…consapevolezza della necessità di acquisire gli apporti dei soggetti privati…”.

Non è su questa strada che viaggia il nostro modello di Sanità!

I Comunisti vogliono una sola Sanità: Pubblica! Non è utopia, è già contenuto in questo che stiamo contestando, solo che gli spunti significativi servono solo ad infiocchettare le vere intenzioni di chi lo vuole mettere in atto. Il principio della O.M.S. (pagina 39): “…la salute è uno stato completo di benessere fisico, mentale e sociale e non consiste solo in un’assenza di malattia o infermità…” è un riferimento nobile, ma non trova applicazione nel Piano, come del resto il contenuto della frase seguente:

…una programmazione sanitaria basata su una rete coordinata ed integrata delle diverse strutture ed attività presenti sul territorio, al fine di disporre di sistemi flessibili in grado di rispondere con tempestività ai bisogni della popolazione, sia in caso di emergenze infettive, sia per garantire interventi di prevenzione, che per affrontare le sfide della promozione della salute, della diagnosi precoce e presa in carico integrata della cronicità…”

Non lasciamoci ingannare, pensiamoci in tempo!”


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