Morto Luciano Porcari, “il dirottatore”

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E’ morto a Orvieto, per cause naturali, mercoledì 13 dicembre, a 84 anni Luciano Porcari. La sua una vita a dir poco rocambolesca, che gli è valsa una fama internazionale.

Due i principali fatti criminosi che lo hanno reso famoso: nel 1977 si rese protagonista del più lungo dirottamento nella storia dell’aviazione italiana, mentre nel 1994 uccise la giovane seconda compagna.

Nel 1977 Porcari dirottò un aereo, un Boeing della compagnia Iberia sulla tratta Siviglia-Madrid, dicendo di avere con sé una bomba. Costrinse quindi il pilota a volare sopra l’Africa e l’Europa per cinque giorni, percorrendo ben 50 mila chilometri fin quando l’aereo non consumò tutto il carburante. Il tutto per costringere la giovane moglie Isabella, figlia di un ricco politico della Costa D’Avorio – Porcari nel luglio del 1972 aveva tentato di uccidere la moglie con diversi colpi di arma da fuoco, non riuscendovi – a far venire con lui in Italia i loro tre figli. Alla fine Porcari ottenne di poter avere con sé i figli. La bomba con la quale Porcari aveva minacciato piloti e equipaggio dell’aereo si scoprì poi non essere altro che una bottiglia di champagne che offrì poi ai viaggiatori alla fine di quell’incubo. Fu arrestato all’aeroporto di Zurigo e scontò in carcere una pena di 10 anni.

Nel carcere di Orvieto, dove fu rinchiuso, Porcari divenne famoso per aver costruito un prototipo di auto da Formula uno, ma in quegli anni fece parlare di sé anche perché scrisse un memoriale proponendo agli inquirenti di allora una possibile pista per l’omicidio di Simonetta Cesaroni, avvenuto a Roma, in via Poma, nel 1990. Memoriale che i magistrati non ritennero di dover approfondire. Stessa cosa fece per il delitto di Ferrazzano, in Molise, quando nel 2005 Angelo Izzo, già condannato per il massacro del Circeo avvenuto nel 1975, uccise Maria Carmela Linciano e Valentina Maiorano, madre e figlia di 49 e 14 anni. E anche in questa seconda occasione il memoriale di Porcari fu cestinato dagli inquirenti.

Nel 1994 – era il 2 febbraio – Porcari raggiunse la casa dei suoceri a Castel Viscardo dopo aver saputo che il tribunale aveva affidato alla compagna, Roberta Zanetti, 27 anni, infermiera, la figlia Carlotta di tre anni, in seguito alla loro separazione. La sera prima, lui e la donna avevano trovato un accordo sulla sorte della bambina, ma l’indomani l’uomo aveva cambiato idea. Entrò così di mattina presto in casa dei suoceri come una furia, brandendo una pistola giocattolo e facendosi consegnare dal suocero un fucile da caccia con il quale sparò a bruciapelo alla madre della compagna, Lina Tiracorrendo, ferendola lievemente ad una spalla. Poi afferrò la ormai ex compagna, e si barricò con lei nella loro casa, che si trovava poco distante da quella dei suoceri. L’abitazione venne circondata e ingente fu lo spiegamento di forze. Porcari sparò più volte a salve dalla finestra all’indirizzo dei carabinieri che risposero al fuoco. L’allora sostituto procuratore Paolo Micheli iniziò con lui una trattativa serrata, parlandogli dal pianerottolo dell’abitazione, alla presenza dell’avvocato Valeriano Venturi, scomparso nell’aprile 2020, suo legale difensore. Quando il magistrato lo convinse finalmente ad aprire, i carabinieri fecero irruzione trovando il corpo della donna in terra in una pozza di sangue. L’aveva uccisa molto tempo prima sgozzandola con un coltello da cucina e finendola poi con un colpo di fucile al petto. Per questo delitto Porcari venne condannato prima all’ergastolo, e poi in seguito a una revisione della pena, a 26 anni di reclusione.

A maggio del 2015, dopo aver scontato 21 anni di reclusione nel carcere di Spoleto, Porcari fu scarcerato e messo in stato di libertà vigilata, con obbligo di firma bisettimanale presso la Questura a Terni, ma poco dopo, nel mese di giugno, fece perdere le proprie tracce. Fu rintracciato due giorni dopo nei pressi del Lago di Bolsena e nuovamente arrestato dai carabinieri venne trattenuto presso la caserma di Montefiascone in attesa delle decisioni del giudice del Tribunale di Terni che lo rimise nuovamente in libertà vigilata con obbligo di firma questa volta presso il Commissariato di Orvieto.


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2 Comments

  • fausto ermini

    Me lo ricordo verso la metà degli anni ’80 prima che uccidesse quella povera ragazza di Castel Viscardo. Aveva preso in affitto un paio di grotte sopra casa mia, nelle vicinanze della ex chiesa della Madonna del Velo. In una teneva attrezzi da meccanico e carrozziere, lavoro che faceva a tempo perso ma con accettabili risultati. Poi commerciava con abbigliamento comprato a peso dopo le svendite e altro materiale di vario genere. Aveva manualità artigianale nonchè fiuto per gli affari. Sembrava quasi avesse messo la testa a posto. Poi purtroppo…..

  • Elisa

    L’articolo non dice se attualmente era recluso o in libertà. Una persona del genere non sarebbe dovuta essere rimessa in libertà. Se non l’avessero liberato Roberta sarebbe ancora con noi e avrebbe cresciuto la sua adorata bambina, che assistette al massacro della mamma, con tutto l’amore possibile. Ovunque è passato quest’uomo ha lasciato solo terra bruciata e dolore.

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