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Spunti: nuovi outfit per Orvieto contemporanea

Tempo di lettura: 4 Minutei

di Fausto Tenerelli

Primo cittadino o prima cittadina, sindaco biondo, moro, calvo o riccettino, giunta rossa, verde, nera
o bigia… nuove soluzioni si dovranno trovare anche a Orvieto.
Parliamone ora, non in funzione di questa o altre campagne elettorali, ma con chi le campagne
elettorali le subisce. Viviamo un quotidiano privo di “visione”, le difficoltà non guadagnano respiro,
le parole non producono senso.


Richiamo alcuni punti, chissà che non diventino S-punti, piccole sollecitazioni a maturare scelte.
Spunto 1 – Efficientamento energetico. Orvieto è città d’arte. Gli impianti fotovoltaici non
appaiono compatibili col fascino della storica Rupe. Comunque sia, anche l’urbe etrusca non potrà a
lungo respingere il “confronto” con le nuove tecnologie: questo matrimonio s’ha da fare.
Vediamo un po’. Il parcheggio sul retro della stazione ferroviaria occupa circa un ettaro e mezzo di
pianura. Se collochiamo le pensiline fotovoltaiche su appena la metà della superficie, non andiamo
a consumare terreno agricolo; otterremmo di fatto una porzione di parcheggio coperto e
guadagneremmo una potenza elettrica corrispondente al fabbisogno del centro storico.
A Ciconia si potrebbe analogamente intervenire sui gradoni dell’ex discarica e nell’area attorno
all’ospedale. A Sferracavallo, sarebbe interessante recuperare allo scopo i capannoni dismessi nella
zona industriale.
E ancora: i supermercati hanno un elevato fabbisogno energetico; illuminazione, celle frigorifere,
congelatori, trattamento dell’aria, tutto richiede alte forniture di elettricità. Perché non emanare un
bando, un invito, una qualche “ordinanza” che invogli i titolari dei centri commerciali del suburbio
a realizzare impianti fotovoltaici sul tetto dell’immobile che occupano? La domanda straordinaria di
approvvigionamento sarebbe soddisfatta in autonomia, nel punto stesso in cui nasce.
Il panorama non ne uscirebbe ulteriormente “sfregiato”. L’espansione ai piedi del masso tufaceo
risente di piani regolatori-sregolati, dagli esiti disfunzionali e disarmonici; la presenza d’impianti,
distribuiti e mimetizzati, non aggiungerebbe e non toglierebbe nulla alle distonie già esistenti. Del
resto, il nuovo deve sempre necessariamente integrarsi col vecchio. Come abbiamo imparato ad
affiancare lo stile I-tec agli arredi classici delle nostre case, così dovremmo imparare a valorizzare
l’essenzialità di moderne strutture-impianto, inserendole in contesti compatibili. Certo non sarebbe
come piazzare un parcheggio ai giardini di San Giovenale, zona medievale per eccellenza.
Altri dettagli d’eccezione: alimentare i festoni natalizi con micro fotovoltaici che restituiscano di
notte l’energia cumulata di giorno, sarebbe un segno di qualità, un’opzione originale ad alto
gradiente simbolico e a impatto pubblicitario; convertire a Led il parco luci del centro storico,
conservando la calda atmosfera dei lampioni, consentirebbe un risparmio di gestione pari a un 20-
50% della spesa attuale, con rapido rientro dei costi di allestimento.
Spunto 2 – Raccolta differenziata. Incredibile, ma vero: l’Italia ha già raggiungo un livello di
raccolta differenziata superiore a Inghilterra, Francia, Olanda e anche Danimarca. L’impegno “dal
basso” di molte associazioni ha portato ben 276 comuni italiani al modello Zero Waste, Rifiuti Zero.
Si tratta di una strategia-movimento civico – filosofia e stile di vita -, guidato in Italia da Rossano
Ercolini, che nel 2013 ha ricevuto il Goldman Prize, una sorta di “Nobel per l’ambiente”. Rifiuti
Zero significa spingere la raccolta differenziata porta a porta e, attraverso vari passaggi, affermare
un diverso concetto di discarica: non più cumulo tombale di rifiuti, ma luogo di “stoccaggio
provvisorio”: tutti i tipi di rifiuto potranno assumere nuova vita. Finita la storia degli inceneritori. Il
modello è complesso, gli approfondimenti richiedono altri spazi. Ma è questa la via per ripulisce
l’ambiente, creare nuove produzioni e ridurre le bollette.
E poi ci sono i dettagli. A Orvieto, i furgoncini della raccolta percorrono, a velocità minima, tratti
giornalieri inferiori ai quaranta chilometri; significa che si possono adottare mezzi elettrici che non
inquinano l’aria.

Inserire Orvieto tra le città virtuose significa esaltarne la cultura e lo spirito innovativo. E allora
potremmo spingerci fino alla cura del dettaglio sottile. Pensiamo per un attimo all’impegno della
colonna vertebrale degli operatori ecologici, costretti a una sosta ogni venti o trenta metri: devono
sollevarsi dalla posizione seduta, scendere e rimontare sul mezzo un’infinità di volte. Perché non
optare, collaudare e immettere sul mercato, una cabina semiaperta con sedile ergonomico girevole e
adattabile alla postura eretta dell’operatore? Non sono sfizi, è il futuro possibile, tecnologia
applicabile!
Spunto 3 – Spazi e verde pubblico. L’incuria della città è sotto gli occhi di tutti: disordine, erbacce
e seccume affliggono vie e aree giardino; i cestoni sono pochi e mal distribuiti, così lattine e
plastiche, carta e vetro sono abbandonati a destra e a manca; graziosi sacchetti multicolore per
deiezioni animali fioriscono sui muretti e davanti ai portoni … Niente di compatibile con la dignità
dei cittadini, le tasse che sono chiamati a corrispondere, l’aspirazione di Orvieto a città turistica. Ci
vuole immaginazione prima di subito. E’ possibile pensare d’investire in forza lavoro i proventi di
tassa soggiorno e parcheggi cittadini. Si può ipotizzare una qualche associazione, cooperativa o
società mista, che oltre a gestire i parcheggi si occupi ogni giorno della manutenzione di piazze e
giardini.
Spunto 4 – Riqualificazione del sistema sanitario locale. Se ne parla ogni giorno: la città è in grave
apprensione per la progressiva perdita dei servizi, e ora esposta al rischio di veder trasformare
l’ospedale in una struttura di facciata.
Non aggiungo lamenti. Mi piace immaginare una rivolta, un colpo di coda dei cittadini, tanto
utopistico quanto auspicabile. Vista la politica mortifera della Regione, l’indifferenza di fatto delle
istituzioni di rappresentanza, perché non mobilitarci? Una volta tanto, tassiamoci spontaneamente
per qualche mese e creiamo un fondo autonomo per il rinnovo di attrezzature e sale mediche.
L’ipotesi è impopolare, ma lo scatto d’orgoglio sarebbe inequivocabile e trascinante. La notizia
rimbalzerebbe sulle reti nazionali, sulla stampa e sui social.
Dunque: si può sperare che la prossima amministrazione, rossa, verde, nera o bigia che sia, si faccia
carico di una riscossa civile? Sarebbe difficile per qualsiasi sindaco – biondo, moro, calvo o
riccettino – ritrarsi nel piccolo steccato partitico, neutralizzare l’energia mobilitata e disperdere la
cospicua raccolta. Non riesco a immaginare la faccia di un primo cittadino o cittadina che se ne lavi
ancora le mani, rimandando gli impegni per l’adeguamento dei servizi di tac e risonanza, il centro
di rianimazione, le sale operatorie. Non credo si potrebbe continuare a nicchiare sulla realizzazione
del servizio di emodinamica, deliberato da anni in Consiglio regionale per l’Ospedale di Orvieto.


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