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Quanta ricchezza produce un ateneo nell’economia di una città piccola o media. Il valore che potrebbe generare per Orvieto

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di Claudio Lattanzi

Il convegno che si è tenuto sabato nella sede della fondazione Cro sul tema dell’economia della conoscenza e sulla creazione di un polo universitario ad Orvieto ha ottenuto un grande riscontro ed il motivo è sicuramente collegato all’interesse trasversale che si accende quando si parla di progetti legati all’alta formazione e all’università. Alcuni interventi hanno contribuito a fornire un valore approssimativo su ciò che potrebbe significare per l’economia orvietana la nascita di un polo universitario. Vediamo alcuni dati relativi ad atenei medi e piccoli.

L’università di Perugia

Il giro d’affari che producono a Perugia i 27 mila iscritti (12 mila fuori sede) con una spesa media di 10 mila euro è pari a 13 milioni di euro, fonte Sole 24 Ore. L’ateneo ha 1200 dipendenti.

L’università della Tuscia

L’università della Tuscia secondo il Censis è il secondo miglior ateneo italiano (quelli sotto 10 mila iscritti) dopo Camerino. Ha ottomila iscritti che nel 2022 hanno sviluppato un indotto sulla città pari a 69 milioni di euro secondo le stime rese note dal rettore Stefano Ubertini. Parliamo di una città da 67 mila abitanti, solamente tre volte più grande di Orvieto. L’università della Tuscia ha 300 dipendenti.

L’università del Sannio

Università del Sannio (Benevento 59.900 abitanti) Iscritti: 4058. Dipendenti: 350. Indotto: 22 milioni 960 mila euro

Castello e Gubbio

In Umbria ci sono vari casi interessanti come quello di Città di Castello. Qui c’è un distaccamento della Link Campus university di Roma per un corso di laurea magistrale in Scienza della formazione primaria per formare insegnanti della scuola primaria e dell’infanzia secondo il metodo Montessori che si è affermato proprio a Castello. L’iniziativa tifernate è collegata alla fondazione della Link da parte della famiglia Polidori, con Francesco proprietaria di Cepu della università telematica E Campus che ne ha acquisito il totale controllo nel 2020 oltre che del Corriere dell’Umbria. Il corso di durata quinquennale ruota intorno a 2000 studenti a fronte di una disponibilità nelle università italiane di 8 mila posti mentre lo scorso anno ci sono state 24 mila richieste in tutta Italia.
A Gubbio c’è la scuola di specializzazione in beni storico ed artistici dell’università di Perugia, dura due anni ed ha trenta allievi. La Lumsa (Libera Università Maria Santissima Assunta) a Gubbio ha vari corsi tra cui una laurea triennale in Scienza dell’Educazione.

Il caso Narni

Il sindaco di Narni Lorenzo Lucarelli che è stato gradito ed apprezzato ospite del nostro convegno, ha spiegato in sintesi ciò che rappresenta per Narni il corso di laurea in Scienze delle investigazioni e per la sicurezza che è attivo da ben 18 anni, focalizzando anche l’attenzione sull’aspetto economico. Il corso ha poco più di mille iscritti, solo parte dei quali ovviamente frequenta assiduamente le lezioni e risiede a Narni. Il Comune ha un esborso annuo stimato tra i 300 e i 400 mila euro per il mantenimento delle strutture e dei costi per il personale comunale distaccato nella sede universitaria. Pur non avendo il sindaco Lucarelli fornito una stima dell’indotto, alcune ipotesi si possono avanzare prendendo spunto dal dato del Sole 24 ore sulla spesa media individuale annua accertata su Perugia, cioè 10 mila euro. Su 1000 iscritti a Narni vogliamo dire che frequentino solo il 40 % e che invece di 10 mila euro all’anno ne spendano appena sei? Fanno un indotto di due milioni e 400 mila euro all’anno. Che valga la pena approfondire questi progetti con ogni energia possibile lo crediamo fortemente; evidentemente ne sono convinte anche le molte persone che hanno partecipato all’incontro. Spiace invece aver constatato che, tranne i due rappresentanti istituzionali, i consiglieri comunali abbiano ritenuto di snobbare l’appuntamento con le uniche eccezioni di Federico Giovannini, Alessio Tempesta e Franco Barbabella. Sarà per la prossima volta.


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