Riceviamo e pubblichiamo a firma del giornalista Claudio Lattanzi
Rimanere in silenzio di fronte alla tribolata vicenda dell’arrischiata vendita della banca “del territorio” e sulle sorti malferme della fondazione Cro, non aprire bocca sul tracollo ampiamente annunciato della maggiore azienda della città, tenerci tutti all’oscuro sulle idee (che sicuramente hanno) per invertire un trend demografico stagnante dagli anni Sessanta, ostentare mutismo sulla riconversione della ex Piave abbandonata a sè stessa esattamente da vent’anni, ma diventare improvvisamente ciarlieri ed esternatori sul caso di Umberto Garbini che ha espresso qualche critica su una, forse inevitale alla luce dello spirito dei tempi, iperpulsione da social. I consiglieri comunali sono scattati come un sol uomo per mettere all’angolo il giovane esponente di FdI e per ridurlo al silenzio, lasciando chiaramente intendere che non si aspettava altro che circondarlo, per motivi che hanno evidentemente a che fare con regolamenti di conti interni alla maggioranza e naturali contrapposizioni da parte degli altri, o forse anche per cause personali, chissà, ma in fondo ce ne importa molto poco, per non dire niente. Certo è che le tante parole espresse su questa lite da condominio meriterebbero di esercitarsi su temi veri e non su questioni in bilico tra l’improprio e lo strumentale. La permalosità non è un valore politico, lo sforzo di mettere in campo e offrire alla discussione pubblica le proprie proposte per migliorare le condizioni di tutti, si. Ai tempi di Cimicchi il dibattito ruotava intorno all’imperativo ossessivo di “volare alto”, chi oggi svolge incarichi politici in città ha tutte le caratteristiche personali, professionali e politiche per onorare al meglio il proprio ruolo. I cittadini guardano, capiscono, giudicano e non sono sempre clementi verso teatrini come questo, soprattutto in un tempo come questo.
